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Workshop: qualità e valore dell’olio di oliva.

Il giorno 7 settembre, in occasione della giornata di inaugurazione del Frantoio del Monte Pisano si terrà un seminario con la partecipazione del prof. Andrea Bellincontro (Università degli Studi della Tuscia) e del prof. Maurizio Servili (Università degli Studi di Perugia).

Questo il dettaglio degli interventi.

‘Sensori ed analitica non-distruttiva per il monitoraggio della maturazione delle olive da olio e per la valutazione della loro qualità elaiotecnica’

a cura del prof. Andrea Bellincontro – Università della Tuscia, Viterbo – Dipartimento per la Innovazione nei Sistemi Biologici, Agroalimentari e Forestali

La qualità di un’oliva da olio e le caratteristiche merceologiche dell’olio che da essa possono derivare sono fortemente influenzate dalla maturazione della stessa e dall’individuazione della sua più corretta epoca di raccolta. In questa scelta, infatti, si focalizza il più efficiente bilanciamento delle diverse caratteristiche ascrivibili alla drupa, resa in olio e composizione della componente grassa, unitamente a ricchezza e complessità della frazione fenolica e del potenziale aromatico, di cui si beneficerà l’olio prodotto. La massimizzazione, da parte di un olio d’oliva, della dotazione dei parametri della qualità fa d’altro canto da preambolo al suo valore commerciale, così come a quello organolettico-sensoriale e di serbevolezza. L’opportunità di operare scelte coerenti nell’individuazione dei più favorevoli momenti per la raccolta viene, per altro, significativamente inficiata dalle evidenze degli effetti del cambiamento climatico in atto. Tra questi, si sottolineano: raccorciamento ed anticipazione delle fasi fenologiche, sbilanciamenti nelle maturazioni dei singoli componenti e serie problematiche legate a produzioni e rese.

In questo quadro generale, il ricorso alle tecnologie analitiche non-distruttive, basate su approcci di tipo sensoristico, pone l’accento su un’esigenza di valutazione dei parametri della qualità che, contrapponendosi ad una più tradizionale analitica di laboratorio, si compia e concretizzi in tempi rapidi e funga da agile e reattivo strumento di scelta.

La spettroscopia vibrazionale del vicino infrarosso (NIR) e l’uso di nasi artificiali (E-noses), basati su sensori in grado di rilevare impronte aromatiche ed olfattive, sono stati testati su olive, paste di olive e oli con interessanti indicazioni di indirizzo. Il loro impiego è stato valutato in veste di promettente strumento di indagine predittiva di una qualità legata alle caratteristiche varietali ed all’evoluzione della maturazione, alla presenza e quantificazione di molecole specifiche ed alla espressione delle stesse, nelle matrici di partenza così come nel prodotto trasformato. 


L’olio extravergine di oliva Italiano di alta qualità tra differenziazione del prodotto ed innovazione di processo

a cura del prof. Maurizio Servili Professore Ordinario di Scienze e Tecnologie Alimentari, Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari ed Ambientali (DSA3) Università degli Studi di Perugia, Via San Costanzo, snc. Perugia.

Il mondo degli oli estratti dalle olive dovrà affrontare tematiche strategiche relative le future strategie di produzione e valorizzazione del prodotto. Nell’affrontare questa problematica si devono sempre tenere presenti quelle che sono le attuali motivazioni al consumo di un olio extravergine di oliva (OEVO). Esse non hanno certo a che fare con i bassi costi di produzione e/o prezzi di vendita, l’extravergine è stato è sarà, tra gli oli consumanti dall’uomo a livello globale, il più costoso in termini assoluti. Questo 2,7%-3% del consumo di grassi vegetali mondiale deve quindi essere legato a qualcosa di diverso dal prezzo di mercato. Per alcuni Paesi, vedi quelli mediterranei, la principale motivazione al consumo è senza dubbio legata alla tradizione, per altri non consumatori abituali ci deve essere dell’altro. Il fascino della tradizionale mediterranea ha giocato e gioca sicuramente un importante ruolo nella duplicazione del consumo degli oli di oliva che si è registrato nell’ultimo trentennio ma sicuramente oltre all’aspetto storico/emozionale le proprietà salutistiche e sensoriali degli oli vergini di oliva rappresentano certamente un fattore strategico sulla motivazione al consumo. Il mantra tramandato da decenni e forse, nella memoria dei popoli mediterranei da millenni, che l’olio di oliva fa bene alla salute andrebbe però riempito di contenuti oggettivi, altrimenti va a favore di quei prodotti, comunque estratti dalle olive, ma con costi di produzione e qualità oggettiva sicuramente non all’altezza delle aspettative salutistiche di un consumatore globalizzato ed informato. Questo vale a maggior ragione nel confronto con altri oli vegetali che potrebbero vantare proprietà salutistiche simili a quelli di dell’olio di oliva, magari non extravergine di alta qualità, ma con costi di produzione sideralmente più bassi, vedi per esempio l’olio di girasole ad alto oleico. E qui nasce un secondo aspetto da prendere in esame, le proprietà sensoriali degli oli extravergini di oliva che rappresentano di certo l’altra caratteristica peculiare e forse unica di questo millenario prodotto alimentare. Parecchi operatori, capi panel e non che lavorano a vario titolo nel settore, ripetono spesso in vari consessi, che l’olio extravergine di oliva non è un farmaco e che andrebbe consumato e valorizzato principalmente sulla base delle sue proprietà sensoriali. Si può certamente concordare sul fatto del non farmaco, è del tutto evidente che non lo sia, anche se gli OEVO di alta qualità in termini di prevenzione di alcune malattie degenerative potrebbero aiutare a ridurre marcatamente, e di fatto lo fanno laddove il loro consumo risulta significativo, la spesa sanitaria di popolazioni abituali consumatrici, ma in ogni caso l’OEVO è e resta un alimento fondamentale di quella bellissima conquista dell’umanità che è stata ed è la dieta mediterranea. Ma anche sulle proprietà sensoriali ci si deve mettere d’accordo in quanto, in quanto se diventano la sola motivazione al consumo, si deve allora considerare che esse sono soggette ad evolversi con le mode queste ultime sempre più evanescenti ed in rapido movimento, spesso involutivo, spinte o indirizzate da social o influencer vari. Prova ne sia la crisi di consumi dei vini rossi di alta qualità che sta diventando un problema diffuso per l’enologia, l’attuale consumatore sembra preferire vini definiti come “freschi”, “leggeri”, “giovani” tutto quello che un grande vino rosso, nonostante la sua struttura, complessità olfattiva e gustativa e, se vogliamo storia e cultura, non è e non sarà mai. Per inciso questi consumatori da happy hours hanno certo strane preferenze, vini “leggeri” poco alcolici e birre fortemente alcoliche fino al 12% di alcool ad imitare i vini, che dire, questa è la volitività e volatilità dei gusti di consumatori social-diretti. Ovviamente ci si deve preoccupare dell’adeguamento del prodotto ai gusti dei consumatori ma bisognerebbe anche cercare di educare e quindi per quanto possibile, indirizzare questi gusti e non navigare alla deriva tra i loro flutti seguendo una corrente capricciosa e mutevole. Il vino è un ottimo esempio di bene voluttuario dove il consumo è principalmente legato alle emozioni che è in grado di suscitare, ma l’olio è un’altra cosa è un alimento fondamentale di una corretta e salutare dieta alimentare e l’adattamento alle mutevoli esigenze edonistiche del consumatore deve in ogni caso fare i conti con il valore salutistico del prodotto specialmente quando questo ha risvolti organolettici. Si sente spesso parlare da alcuni personaggi supposti custodi della tradizione di ritorno agli oli “dolci” in quanto tradizionali a discapito di quelli fruttati, piccanti ed amari considerati “eretici” rispetto alla presunta tradizione. Al di là  del fatto che andrebbe definito a quali canoni tradizionali si fa riferimento, quelli di mezzo secolo fa o di  un secolo, di un millennio o magari due millenni, per inciso gli oli di oliva oli da raccolta precoce prodotti dai romani e denominato come “oleum ex albis olivis” o “oleum viride”, considerati già allora come top qualitativo, erano probabilmente “piccanti” ed “amari” e non “dolci” come probabilmente era “l’oleum maturum“, ottenuto da olive a maturazione avanzata, quindi anche i riferimenti alla tradizione  andrebbero circostanziati ma, polemiche a parte, come  spesso si dice,  il problema è un altro. Si un altro e cioè il fatto, questo indiscutibile, che le note di “piccante” ed “amaro” di un olio extravergine di oliva sono direttamente legate al contenuto in composti fenolici bioattivi e quindi alle conseguenti proprietà salutistiche ad essi associate. Di conseguenza, contrariamente ai vini, negli OEVO qualità sensoriale e salutistica sono fortemente legate, un olio “dolce” ha probabilmente, effetti sulla salute simili a quelli di un olio raffinato di oliva ma, quel che è peggio, altrettanto vicine a quelle di un olio di girasole ad alto oleico.  Quindi, fatte salve improbabili nostalgie per un mitico passato dove dominava  olio “dolce” l’OEVO oliva di alta qualità è qualcosa di più di un semplice grasso vegetale, in quanto rappresenta un componente fondamentale per la dieta sana ed equilibrata  e non un mero genere voluttuario e come tale dovrebbe seguire un percorso di comunicazione al consumatore più strutturato dove le proprietà sensoriali sono si importanti ma lo è anche il rapporto olio salute che, almeno questo, basato com’è su dati scientifici, dovrebbe rappresentare una ragione di consumo più strutturata e meno evanescente. Quindi Indirizzare i consumi cercando di fare un po’ di chiarezza sia sulle proprietà salutistiche che sensoriali degli OEVO da comunicare al consumatore dovrebbe rappresentare un punto chiave nella promozione del consumo degli oli OEVO di alta qualità. Per le proprietà salutistiche abbiamo decenni di studi consolidati, in parte recepiti dai regolamenti comunitari, che ci permettono di essere oggettivi sulla comunicazione di quelli che sono, al momento gli effetti consolidati per la salute umana legati al consumo continuativo di OEVO di alta qualità. Si OEVO di alta qualità e questo è il problema in quanto oli privi di composti fenolici bioattivi, con bassi contenuti in vitamina E, magari anche poveri di acido oleico, possono essere certamente extravergini, sulla base delle normative internazionali, ma non hanno effetti significativi sulla salute del consumatore. Quanto affermato rischia di essere considerato blasfemo o magari politicamente scorretto rispetto al racconto tramandato da  quegli operatori o  divulgatori che amano restare sul vago circa il rapporto olio salute così qualunque olio, basta che sia estratto dalle olive, è di per se di qualità superiore, ma la corretta informazione verso quella tipologia di consumatore che intende conoscere ciò che consuma e pagare in relazione di ciò che  acquista credo sia alla base di un corretto e duraturo patto tra chi produce e chi consuma. In ogni caso le proprietà salutistiche di un OEVO sono in parte codificate e possono essere comunicate in modo oggettivo, anche se una revisione delle norme commerciali che differenzino un extravergine di alta qualità, cioè con adeguate proprietà salutistiche e sensoriali, da quello standard che pur essendo extravergine, non ha le suddette proprietà, aiuterebbe sicuramente a fare chiarezza. Più complesso è l’aspetto sensoriale in quanto, fatta salva la valutazione della presenza o meno di difetti sensoriali, strettamente codificati dalle norme commerciali, quando si parla di “profumi” e quindi della descrizione del “fruttato” troppo spesso ci si abbandona alla suggestione o interpretazione da parte del singolo assaggiatore più o meno esperto ed attivo sui social.  Tempo addietro ho letto un titolo di un articolo divulgativo che mi ha molto colpito in quanto parlava dei “duecento ed oltre profumi” degli OEVO. Fermo restando che poi nel leggere il testo proprio duecento non erano, rimane il fatto che questo approccio niente affatto rigoroso alle proprietà sensoriali di un OEVO, non giova certo alla corretta informazione del consumatore e tanto meno fa cultura intorno al prodotto. Da ricercatore che lavora sui  composti volatili a potenziale impatto sensoriale degli oli vergini di oliva da più di venticinque anni, posso affermare con certezza che non ci sono nemmeno, almeno alla stato attuale delle conoscenze, più di 200 composti volatili ad impatto sensoriale negli OEVO, comprendendo in questo numero non solo quelli responsabili dei cosiddetti “profumi” ma anche, aimè, quelli associati ai difetti, risulta quindi difficile capire come si possa diffondere  l’idea che gli oli extravergini abbiano tutti questi “profumi” rispetto ai quali, non ci sono i composti d’impatto e tanto meno le basi biochimiche che dovrebbero spiegare la loro presenza negli OEVO. Quindi il problema della corretta formazione ed informazione del consumatore rimane aperto ed al momento, privo di soluzione. Si potrebbe obiettare che le strategie di marketing possono partire da valori immateriali che nulla hanno a che fare con la qualità oggettiva del prodotto e che sono spesso vincenti. Ciò e assolutamente è vero, origine geografia, biodiversità, oliveti antichi, olivicoltura eroica, sostenibilità, valore etico, valore religioso, sono solo alcuni dei valori immateriali della qualità sui quali si può e certamente si deve basare la commercializzazione di un prodotto di nicchia. Assolutamente vero ma se poi la qualità oggettiva nel prodotto non c’è si rischia di costruire un castello sulla sabbia e dovremmo su questo una vota di più fare tesoro dell’esperienza del vino, dove l’intero edificio del marketing è basato solo su valori immateriali ed emozionali e quindi, purtroppo, come tutte le emozioni fugaci e mutevoli.

Quanto sopra affermato porta a dire che l’olivicoltura nazionale, anzi le olivicolture nazionali nelle loro diverse forme e condizioni storiche, ambientali ed agronomiche di produzione, devono cercare di differenziarsi comunicando al consumatore senza dubbio, storia cultura tradizione e quanto altro risulti legato alla loro storia millenaria ma dovrebbero avere un punto in comune quello di produrre un prodotto che sia oggettivamente di alta qualità, questo anche alla luce del fatto che i nostri costi di produzione sono e resteranno tra i più alti al mondo.

Siamo quindi “condannati” come Paese olivicolo a produrre qualità e su questo principio si dovrebbero basare sia le scelte agronomiche che le tecnologie di produzione innovazione tecnologica compresa.  L’innovazione di processo nell’estrazione meccanica degli oli vergini di oliva è ispirata da principi di qualità e sostenibilità del prodotto. I processi estrattivi sono stati innovati in ogni fase operativa a partire dalla frangitura e gramolatura. Ci si riferisce, in particolare, all’introduzione di frangitori a impatto differenziato sulle parti costitutive del frutto e di gramolatrici a scambio gassoso controllato, che permettono di modulare l’attività degli enzimi endogeni del frutto (lipossigenasi, polifenolossidasi e perossidasi) migliorando il quadro aromatico ed il contenuto fenolico degli oli. L’innovazione ha poi riguardato l’efficientamento dello scambio termico con l’introduzione scambiatori di calore, ed il potenziamento dell’efficienza estrattiva degli impianti con l’applicazione di tecnologie emergenti quali ultrasuoni, campi elettrici pulsati e tecnologia ad alto vuoto, in gramolatura. Processi questi che impattano positivamente anche sulla qualità del prodotto. Inoltre, per ridurre al minimo l’impatto negativo sulla qualità dell’OEVO delle alte temperature in fase di raccolta dovute al riscaldamento globale e ad una raccolta anticipata delle olive, le tecnologie del freddo vengono applicate al processo produttivo. Diversi metodi di raffreddamento sono stati sviluppati e testati per abbassare la temperatura del frutto o della pasta di oliva durante le fasi principali del processo di estrazione, al fine di promuovere lo sviluppo dei composti volatili responsabili delle note sensoriali verdi e preservare la frazione fenolica da processi ossidativi, migliorando così lo standard di qualità del prodotto finale. A quanto esposto si aggiungono innovazioni legate alla valorizzazione dei sottoprodotti dell’estrazione degli oli vergini di oliva che vanno dal recupero di composti fenolici bioattivi dalle acque di vegetazione e loro applicazione nell’industria alimentare e farmaceutica, alla valorizzazione delle sanse vergini denocciolate nell’alimentazione zootecnica o nella produzione di nuovi alimenti con proprietà funzionali da destinare all’alimentazione umana. Tutto ciò è rivolto al miglioramento della sostenibilità economica ed ambientale del processo produttivo con l’obiettivo di arrivare ad una filiera olivicola a scarto zero.